Prevenzione dei comportamenti a rischio in adolescenza.
Quale prevenzione oggi per quali adulti domani
Convegno 17 Ottobre 2009 – Roma

Abstract degli interventi Presentazione
L’Associazione Centro Oikia è un’associazione di promozione sociale nata per la volontà di alcuni professionisti di condividere esperienze, formazione, obiettivi per la realizzazione di attività volte al benessere del singolo e della famiglia. Individua nella famiglia, quale luogo degli affetti e prima agenzia di riferimento per la crescita della persona, il campo privilegiato di interesse. Costituta da psicologi, psicoterapeuti, avvocati, mediatori familiari intende proporsi come risorsa per le istituzioni e il territorio. Il Convegno “Prevenzione dei comportamenti a rischio in adolescenza” di questa mattina, è stato pensato proprio per individuare strategie operative da promuovere nei contesti educativi per sostenere la famiglia e la scuola nel loro compito educativo, per fornire ai giovani possibilità di ripesare la loro adolescenza ed il compito evolutivo di questa fase del ciclo di vita. Pensiamo alla scuola come luogo privilegiato di incontro ed intervento. La scuola è luogo e strumento principe di promozione sociale e sviluppo. Il compito educativo oggi affidatole scuola è particolarmente delicato: informare, educare, formare. Oltre che contesto di sviluppo e crescita, la scuola è diventata luogo privilegiato dove realizzare programmi di prevenzione: sia perché a scuola è facile incontrare i giovani, sia perché la promozione del benessere e della qualità della vita, realizzata precocemente, permette di attivare misure protettive rispetto alle varie forme di disagio: fisico, psicologico, sociale. E’ quindi un investimento per il futuro della comunità. Fare prevenzione con la scuola significa sostenere il complesso compito educativo affidatole. OIKIA intende fare della prevenzione un’esperienza di formazione in grado di incidere sulle scelte prese dai giovani rispetto alle molteplici sollecitazioni ambientali che hanno a che fare con la loro salute, il loro benessere, la loro crescita, il loro inserimento nei contesti sociali di vita. Buon lavoro a tutti e grazie per la partecipazione
IL RESPONSABILE SCIENTIFICO DOTT.SSA MARIA NUOVO

“La Responsabilità di una scelta”
Prevenire i comportamenti a rischio in adolescenza è basilare per la salute della società e per chi non è un tecnico della materia, ma soltanto un politico e/o un amministratore pubblico, è fondamentale acquisire sufficienti dati e una lucida consapevolezza delle problematiche al fine di individuare il sistema migliore per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Purtroppo tutto ciò, in molti casi, deve anche risultare sostenibile in relazione alle risorse messe a disposizione. Nel momento in cui ci si trova davanti ad una scelta strategico-educativa, si deve assumere la responsabilità rispetto ai tempi giusti di intervento ed all’efficacia di quanto attivato.
La prima domanda da porsi è, a mio avviso, come aiutare senza emarginare o discriminare perché dare risposte e soluzioni a problematiche che coinvolgono tutti, è sicuramente complesso ma doveroso. La prevenzione, però, non può limitarsi ad informare. Seppure importante, informare non è sufficiente a prevenire i comportamenti a rischio. Gli interventi preventivi dovrebbero rivestire carattere continuativo e prolungato nel tempo e dovrebbero essere rivolti al maggior numero di soggetti possibile, in modo che il confronto possa avvenire in una situazione di pari opportunità. Sono questi gli elementi ai quali mi sono attenuta, ad esempio, nel promuovere nella città di Fonte Nuova l’iniziativa volta ad arginare il dilagante fenomeno del bullismo. Non era ben chiaro a tutti il motivo per il quale avessi deciso di far partecipare al progetto “Fare squadra per vincere” indistintamente tutti i ragazzi e le ragazze delle terze medie. Credo che le brevi premesse lo abbiano ora meglio chiarito. Trasmettere valori e passione per le “cose” belle della vita, credo stia in primis agli adulti nei diversi ruoli a cui siamo chiamati e non dovremmo mai smettere di ricordare a noi e ai nostri ragazzi, con ogni mezzo possibile, che qualsiasi ideale si difende senza ricorrere all’uso della violenza.
LUCIA MIGLIACCIO
Coordinatore del tavolo di bioetica istituito all’interno del gruppo consigliare alla Regione Lazio. E’ stata Responsabile bioetica e medicina preventiva presso la presidenza della Regione Lazio e Assessore alla salute e qualità della vita del comune di Fonte Nuova.

“La condizione giovanile tra senso e consenso”
La relazione introduce una riflessione sui significati dell’esperienza giovanile negli ultimi 30/40 anni per riuscire a inquadrare la realtà attuale con particolare riferimento alle dinamiche relazionali e alle forme del disagio evidenziando come, tendenzialmente, rispetto alle problematiche giovanili si danno risposte inadeguate, incapaci di cogliere il senso dell’esperienza giovanile stessa. Vengono, poi, analizzati i principali fattori di rischio sociale di disagio con particolare riferimento ai vissuti, alla dimensione emotiva e ai comportamenti di dipendenza. La conclusione indica nella ricerca di nuove strategie educative/pedagogiche, capaci di supportare adeguatamente i percorsi di costruzione dell’identità del giovane, un possibile-necessario impegno sociale, culturale e istituzionale.
PROF, IVANO SPANO
Sociologo, é docente presso la Facoltà di Psicologia e di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova. E’ analista didatta e supervisore a indirizzo junghiano. Attualmente é Commissario straordinario dell’Istituto Statale per Sordi di Roma. E’ autore di molti libri anche sulla condizione giovanile e le forme del disagio e di ricerche, particolarmente approfondite, in questo settore.

“La percezione del rischio negli adolescenti e la prevenzione degli incidenti stradali”
Tra tutti i sistemi di trasporto utilizzati dall’uomo, il trasporto su strada è certamente quello più pericoloso. Anche in Italia una delle più eclatanti e drammatiche manifestazioni del disagio giovanile ha trovato la sua espressione nell’elevato tasso di incidentalità stradale e di mortalità ed esso connessa. Esistono molte evidenze scientifiche che mostrano come i giovani guidatori, se paragonati a guidatori di altre fasce d’età, tendono ad avere uno stile di guida più rischioso. Questa tendenza può essere spiegata in base a diversi fattori. Da una parte i dati evidenziano una sistematica distorsione che questo particolare gruppo di guidatori opera sulla percezione dei rischi connessi alla guida e sulla valutazione delle proprie capacità di guida, pur in presenza di scarsa abilità di guida e di mancanza di esperienza. Dall’altra, molti autori enfatizzano che lo stile di guida dei giovani e il loro coinvolgimento negli incidenti stradali non é altro che l’espressione di una generale propensione dei giovani ad ingaggiare comportamenti altamente pericolosi, che si concretizzano in uno stile di vita rischioso. Il fatto che i giovani guidatori hanno uno stile di guida rischioso e che di conseguenza sono coinvolti in più incidenti, però, non implica che tutti i giovani guidatori possano essere considerati equivalenti. Nel corso della relazione verranno forniti dati che mostrano la rilevanza delle caratteristiche individuali su un piano psicologico nella determinazione degli incidenti stradali nei giovani guidatori e verranno indicate le caratteristiche di efficacia di un intervento mirato ad agire specificamente su queste caratteristiche.
PROF. FABIO LUCIDI
Dottore di ricerca, è professore presso la Facoltà di Psicologia 2 della “Sapienza” Università di Roma, dove ha la responsabilità di insegnamenti in corsi di laurea Triennali, nelle Magistrali, in scuole di Specializzazione. Si occupa di Psicologia della Salute ed è membro del Consiglio Direttivo di riviste scientifiche nazionali ed internazionali. E’ autore di diversi libri e di oltre 100 articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali

“La prevenzione delle patologie civili nei contesti educativi”
Ho definito i comportamenti che attaccano i sistemi di convivenza degli aggregati umani (violenza, teppismo, vandalismo, bullismo, razzismo, sessismo) nei termini di “patologie civili”. Tale definizione nasce dalla riflessione sui fattori individuali e sociali che spingono i cittadini della società postmoderna ad estraniarsi dalla dimensione civile, in particolare quella rappresentata dalla convivenza con il proprio gruppo di appartenenza, per indirizzarli verso forme di funzionamento estremo, di profondo isolamento o di aggregazione in piccoli branchi, spesso antisociali e violenti? Debbo il concetto di “patologia civile” ad Arnaldo Novelletto, mio maestro e amico, che durante un incontro di supervisione sul lavoro svolto dall’équipe del Centro di Aggregazione Giovanile che dirigo, individuò una specifico rischio della crescita, derivante da una distorsione delle relazioni sociali che, disse, è caratteristico delle “patologie civili”. Ritengo che Novelletto facesse riferimento al noto concetto di “Disagio della civiltà” di Freud (1929), relativo a quel processo che permette alla civiltà umana di svilupparsi attraverso restrizioni alla libido ed all’aggressività, che appunto richiedono che si paghi un prezzo, quello del disagio. Ma quando Novelletto parlava di “patologie civili” credo che si riferisse anche a qualcosa di diverso, relativo al prezzo che paga la civiltà quando non accetta di fare quelle rinunce. Con patologia civile, quindi, egli indicava ciò che attacca, in certi ambienti socio culturali, l’armonia, la solidarietà, la coesione e la convivenza civile. Nel gruppo adolescenziale, in particolare, tale processo involutivo è determinato dalla spinta alla scissione ed alla separazione che frammentano il gruppo. A tal proposito Novelletto disse: “esiste un modo civile e costruttivo di crescita nel separarsi (per esempio i bambini che crescendo si staccano dai genitori). Questa separazione la chiamiamo emancipazione perché non c’è più la mano del genitore che ti tiene: ti stacchi e vai per la tua strada. Questa è una separazione buona, evolutiva. Ma la ‘scissione’ è un altro tipo di separazione. (…). Ricorda il colpo di stato, in cui una minoranza pretende di ribaltare l’equilibrio e la gerarchia che fino a quel momento vigeva nel gruppo, di assumerne la conduzione, il comando, il potere.” (Novelletto, 2003a, pag. 106). Il branco rappresenta quella variante della vita del gruppo adolescenziale che si presta particolarmente al passaggio degli impulsi violenti dallo stato di fantasia a quello dei comportamenti agiti. Il branco, la banda, la gang adolescenziale, intesi come aggregazione patologica di gruppo sono governati, come dicevamo nel libro dedicato all’Adolescente violento: “da meccanismi di coesione (se no di fusione) che rispondono al bisogno di avallare le proprie angosce e le proprie difese grazie alla condivisione con quelle degli altri membri del gruppo, mediante l’identificazione proiettiva reciproca” (Novelletto, Biondo, Monniello, 2000). Così come, infatti, il branco antisociale attacca la convivenza civile di un quartiere, così il sottogruppo-classe prepotente attacca con i suoi comportamenti di bullismo il funzionamento gruppale dell’intero gruppo classe, ed insieme ad esso il funzionamento scolastico ed il processo d’apprendimento. Le istituzioni educative che non contrastano tali patologie del gruppo adolescenziale sono inevitabilmente destinate a fallire il loro mandato e a condividerne la patologia del funzionamento gruppale.

INFLUENZE SOCIALI NELLA COSTRUZIONE DEL FUNZIONAMENTO MENTALE
Per avanzare in tale riflessione abbiamo bisogno di soffermarci sul processo sociale di costruzione della mente. E’ opinione diffusa che l’organizzazione della società postmoderna, con lo spazio patologico che riserva all’attività del consumare, rinforzi eccessivamente i tratti narcisistici della personalità, sostituendo alla società dell’essere quella dell’apparire. Come non chiedersi quale impatto hanno nella costruzione della personalità dei più giovani alcune caratteristiche predominanti della società postmoderna quali la liberazione dai bisogni materiali, l’estrema libertà (di movimento, “Prevenzione dei comportamenti a rischio i n adolescenza. Quale prevenzione oggi per quali adulti domani. “ 7 di pensiero, di realizzazione di se stesso ecc.), l’eclissi dei sistemi autoritari, l’abbattimento delle barriere generazionali e sessuali. Ciò che osserviamo è che il funzionamento sociale rinforza alcuni tratti di personalità tipici dell’ adolescenza: l’onnipotenza, la trasgressione, l’idealizzazione, l’agito maniacale, l’individualismo, l’appiattimento gregario al gruppo e il conformismo, esasperando così i comportamenti narcisistici ed esibizionistici degli adolescenti. Il prolungamento della fase dell’adolescenza, che caratterizza le ultime generazioni, più che facilitare la risoluzione dei conflitti adolescenziali, sembra produrre un’adolescentizzazione della società, che collude profondamente con alcuni tratti negativi dell’adolescenza piuttosto che aiutare l’adolescente a superarli. La moderna società ipermaterialista, che mitizza il rischio e disprezza ogni limite, ha bisogno di strumentalizzare questi tratti negativi dell’adolescenza per alimentare la propria organizzazione sempre più fondata sul mercato delle illusioni Il processo di adolescentizzazione della società ha privato gli adolescenti della principale risorsa per risolvere i compiti della crescita: un modello di funzionamento adulto della mente. Per società adolescentizzata intendo una società che ha perso di vista l’obiettivo evolutivo ed il valore della maturità psichica, idealizzando alcuni aspetti dell’adolescenza, e perdendo la capacità adulta di trasmettere regole, valori ed orizzonti di senso. E’ mia opinione che possiamo cominciare dal piccolo gruppo per realizzare un nuovo rinascimento dei sistemi di convivenza tra le diverse generazioni. Ma per realizzare tale ambizioso obiettivo occorre sostituire l’antico sistema che legava le generazioni, centrato sul contratto narcisistico, con nuovi sistemi di appartenenza, non legati esclusivamente alla dimensione sociale (come in passato avveniva grazie ai garanti sociali), né alla dimensione familiare (il contratto narcisistico, fondamentalmente amorale ed egoistico, che tradizionalmente ha fatto da collante), ma legato ad una dimensione culturale, una dimensione che
mette al centro un progetto comune di società che può collegare le generazioni.

IL SETTING PSICODINAMICO MULTIPLO
Nell’ambiente educativo il ragazzo che mette in atto comportamenti disturbanti, il più delle volte non ha alcuna consapevolezza del proprio disagio e di conseguenza non fa alcuna richiesta esplicita d’aiuto. Spesso è l’istituzione educativa a soffrire per lui, o il gruppo dei pari. Sono, dunque, questi i nostri “clienti”. E’ il contenitore educativo il nostro setting. Ecco la mia proposta del “setting psicodinamico multiplo con il gruppo educativo”. E’ all’interno del processo educativo che possono essersi immersi, secondo questo modello, una serie di dispositivi mentalizzanti che promuovono la funzione del gruppo (funzione civilizzatrice interna) al fine di fronteggiare le patologie civili. Per rispondere alle situazioni multiproblematiche degli adolescenti al limite, occorre offrire risposte complesse. Le ricerche internazionali (Baruch, 2001,) sulla validità e l’efficacia degli interventi psicologici per la prevenzione ed il trattamento dei comportamenti antisociali degli adolescenti confermano quest’osservazione. Gli interventi psicologici realizzati nei contesti educativi degli adolescenti – da quelli realizzati nella scuola, in particolare quelli rivolti al gruppo-classe per l’educazione alla salute, per il contrasto del disagio scolastico e della dispersione scolastica, agli interventi formativi di seconda opportunità, i corsi di recupero, i corsi di formazione professionale, i corsi d’istruzione tecnica superiore ecc., insieme agli interventi psicologici realizzati all’interno dei centri di aggregazione giovanile territoriali, delle comunità di tipo familiare, dei centri diurni – rappresentano un patrimonio esperenziale prezioso per comprendere il nuovo universo dell’adolescenza. Ho documentato nel mio libro “Fare gruppo con gli adolescenti” (Franco Angeli, 2008) come l’intervento psicologico con il gruppo di adolescenti e con il gruppo degli operatori (insegnanti, educatori), possa offrire la possibilità, altrimenti negata, di agganciare adolescenti molto sofferenti, per offrire loro forme di primo soccorso “Prevenzione dei comportamenti a rischio i n adolescenza. Quale prevenzione oggi per quali adulti domani. “ 8 psicologico in grado di garantire la sopravvivenza psichica e, in alcuni casi più fortunati, la ripresa del processo evolutivo. Gli ambienti educativi possono, dunque, rappresentare il luogo elettivo in cui, lavorando con le componenti sane del gruppo di adolescenti e con le parti sane di ogni adolescente, possono essere elaborate le componenti patologiche del gruppo e del singolo adolescente problematico. L’intervento psicologico all’interno degli ambienti educativi è necessario non solo per agganciare gli adolescenti problematici, ma anche perché, in assenza di tale intervento, è la stessa istituzione educativa a deteriorarsi, visto che al suo interno inevitabilmente emigra la sofferenza mentale del branco. L’obiettivo è quello di fornire un contributo agli educatori e agli insegnanti per aiutarli a promuovere, all’interno dei contesti educativi in cui lavorano, un particolare insieme di esperienze mentali necessarie per superare le inevitabili fasi di blocco del lavoro educativo prodotte dall’impatto con organizzazioni gruppali primitive. Se l’educatore non riesce a realizzare tale compito c’è il rischio dell’involuzione della relazione educativa: involuzione che può esitare nello scivolamento del funzionamento gruppale verso forme primitive in cui prevalgono difese arcaiche (di idealizzazione, di espulsione, di misconoscimento dell’altro, di prevaricazione). Difese adottate soprattutto dagli elementi più problematici del gruppo, siano essi adolescenti o adulti, che facilmente possono contagiare tutto il gruppo. L’aiuto della psicoanalisi dell’adolescenza può sostanziarsi nel permettere al gruppo educativo di raggiungere livelli di funzionamento gruppale più evoluti, e di offrire ai suoi componenti più isolati o incapaci di fare gruppo, la possibilità di realizzare la fondamentale esperienza evolutiva del gruppo, che è alla base di ogni convivenza civile e di ogni processo maturativo. Infatti, l’intervento psicodinamico con il gruppo di adolescenti nei contesti educativi si caratterizza per la doppia valenza, sempre compresente e difficilmente scindibile, preventiva e terapeutica, di educazione alla civiltà e di scoperta di sé, di cui possono usufruire sia i ragazzi sia gli operatori. Il setting sperimentato è caratterizzato da una molteplicità di interventi (psicodinamica di gruppo, sportello psicologico, accompagnamento individualizzato, gruppo esperenziale, supervisione psicodinamica e mediazione interistituzionale) integrati fra di loro, che intervengono sui diversi fattori, individuali e gruppali, della componente adolescente e di quella adulta, che s’intrecciano all’interno degli ambienti educativi, secondo lo schema che segue. Il setting psicodinamico multiplo con il gruppo educativo:

PROF. DANIELE BIONDO
Psicoterapeuta, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’IPA (International Psychoanalytical Association), socio ordinario dell’Associazione Romana di Psicoterapia dell’Adolescenza. Vice Presidente del Centro Alfredo Rampi Onlus. Docente del Corso Quadriennale di Formazione in Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescente e del Giovane Adulto. Coordinatore scientifico del Centro di Ricerche Anti Bullismo (CRAB) del Link Campus – University of Malata Capo Redattore della rivista AeP- Adolescenza e Psicoanalisi (Magi editore). Autore di diversi saggi: Educazione stradale e rischio accettabile (Erickson, 2006), Fare gruppo con gli adolescenti (Franco Angeli, 2008). Inoltre, è co-Autore dei seguenti saggi: con Rita Di Iorio Sopravvivere alle emergenze (Edizioni Magi, 2009); con Novelletto e Monniello L’Adolescente violento (Franco Angeli, 2000); con Tini 285 nodi per crescere (Editori Riuniti, 2003).

“Gli integratori alimentari e dietetici: uso e abuso nei giovani”.
Campagna di informazione ed educazione nelle scuole superiori in Italia
Un esperienza di progetto finanziato dalla Commissione Europea a cura di ADICONSUM in collaborazione di U.C.I.I.M.
La mia relazione intende essere una testimonianza di un percorso progettuale portato avanti nelle scuole superiori di molte regioni italiane e che ha suscitato molto interesse ed ha dato spunto ad ulteriori incontri tra gli studenti, i genitori, gli insegnanti di educazione fisica, medici ed allenatori sportivi. Vediamo quali sono stati gli obiettivi del progetto stesso realizzato a partire dall’anno scolastico 2003/2004.
Il progetto si era proposto realizzare una Campagna informativa ed educativa sulla sicurezza e sul consumo corretto degli integratori alimentari e dietetici presso la popolazione scolastica (dai 14 ai 18 anni) in Italia, Spagna e Grecia. Le azioni del progetto sono state realizzate con la collaborazione delle associazioni dei consumatori (ADICONSUM) e delle associazioni degli insegnanti (UCIIM) e dei genitori dei Paesi coinvolti nel progetto. I rapidi mutamenti sociali e culturali che hanno caratterizzato la storia delle nazioni a più elevato sviluppo industriale hanno comportato profonde modificazioni nello stile di vita, incidendo in modo determinante sulle abitudini alimentari, particolarmente delle giovani generazioni. Si mangia sempre più spesso fuori casa. Il fast food e’ per i ragazzi un luogo di ritrovo ad un costo accessibile. Si mangia diversamente anche in casa, in parte perché le donne lavorano ed hanno meno tempo da dedicare alla cucina, in parte perché si tende ad effettuare gli acquisti alimentari con meno frequenza e si preferiscono i cibi conservati a quelli freschi, più facilmente deperibili. Assistiamo così all’incredibile espansione del mercato degli alimenti precucinati a produzione industriale, surgelati e non. Si mangia sempre più in funzione di fattori psicologici e sotto l’influenza della pubblicità. Questi comportamenti alimentari inducono spesso un incremento dell’incidenza dell’obesità, con conseguenze sulla salute e sulla psicologia dei giovani. Per contro, si diffondono rapidamente i prodotti dimagranti e gli integratori alimentari per lo sport. L’esigenza di progettare interventi educativi e informativi nel campo della sicurezza di prodotti come gli integratori alimentari e dietetici (sia per uso sportivo che estetico) nasce dalla constatazione della loro crescente diffusione, particolarmente tra i giovani consumatori, oltre che del frequente abuso. Il consumo di integratori è enormemente aumentato negli ultimi anni, e la loro disponibilità si è estesa dalle farmacie alle erboristerie, alle palestre, ai centri di estetica e dimagrimento, ai supermercati. Oggi acquistare un integratore è abitudine diffusa e quasi quotidiana. Essa si accompagna e risponde a comportamenti alimentari non corretti e non salutari, nella consapevolezza che essi possono indurre carenze o disfunzioni nell’organismo. E’ peraltro noto che la scelta di sopperire artificialmente alla carenza o disfunzione (inclusa l’obesità) è considerata come più efficace e rapida rispetto alla correzione dei comportamenti alimentari, oltre che meno impegnativa. Si tratta in molti casi di una scelta non del tutto consapevole da parte dei giovani e degli adolescenti, che non sono bene informati sulla reale necessità di questo apporto supplementare, in funzione della loro dieta alimentare e delle attività praticate. Si assumono in molti casi integratori vitaminici, minerali, proteici non strettamente necessari al fabbisogno della persona, spesso sotto l’influenza di mode o del consiglio di persone non esperte o addirittura su sollecitazione di coloro che distribuiscono questi prodotti. E’ molto diffusa la convinzione errata che un supplemento di nutrienti dia comunque beneficio, indipendentemente dallo stato di “Prevenzione dei comportamenti a rischio i n adolescenza. Quale prevenzione oggi per quali adulti domani. “ 11 salute e dalla corretta alimentazione. Un simile pregiudizio induce il consumo indiscriminato, in assenza di controllo medico, in quanto non trattandosi di prodotti strettamente farmaceutici essi vengono percepiti come innocui per la salute. Nelle palestre i giovani che praticano attività sportiva (soprattutto il body building) vengono spesso sollecitati ad assumere integratori per migliorare la prestazione fisica o per facilitare lo sviluppo della massa muscolare, o ancora per perdere peso. Il suggerimento viene da istruttori sportivi quasi mai esperti in dietologia e scarsamente preoccupati per le conseguenze a lungo termine che l’assunzione di questi prodotti può avere sui ragazzi. L’acquisto di integratori alimentari e prodotti dimagranti nelle erboristerie si accompagna ad una automatica presunzione di naturalezza e salubrità. Esso avviene dunque con facilità e scarsa cautela/attenzione alla sicurezza. Nei centri estetici (dove spesso non è presente alcun tipo di personale medico) vengono somministrati prodotti dimagranti in creme o altre forme, vengono venduti e consigliati prodotti anche da assumere per via orale, sui quali non esiste un reale controllo da parte delle autorità sanitarie e che spesso vengono usati anche per lunghi periodi. Le farmacie offrono e pubblicizzano integratori alimentari e prodotti dietetici per i quali non occorre prescrizione medica, ma che pretendono di avere notevole efficacia sul metabolismo del consumatore e di risolvere in breve tempo problemi legati a disfunzioni di origine alimentare (es. obesità, cellulite ecc.) La conseguenza è che da un lato i giovani tendono ad attribuire un potere risolutivo agli integratori rispetto al problema della dieta, conseguentemente perseverando nelle scelte alimentari meno salutari e nella dieta ipercalorica, dall’altro l’eccesso di vitamine, sali minerali o proteine nuoce a lungo andare al benessere ed alla salute. In realtà il valore assegnato agli integratori alimentari e dietetici dipende da fattori psicologici, sempre più rilevanti nel determinare le scelte di consumo nella nostra società. La pubblicità sui media è insistente perché il mercato di questi prodotti è florido ed in continua espansione: essa veicola l’immagine del consumatore di questi prodotti connotandola come socialmente desiderabile: è giovane, snello ed in forma, ama lo sport e la compagnia, è attento alla bellezza. Questi messaggi hanno effetti di persuasione molto importanti. La personalità degli adolescenti è complessa e sensibile: la ricerca di identità trova facilmente sbocco in forme di identificazione con i modelli proposti dalla pubblicità. L’attenzione anche eccessiva per l’estetica del corpo sfocia nel desiderio di sostenere gli sforzi di miglioramento (ginnastica, diete) con il supporto degli integratori e dei prodotti dimagranti. La poca informazione sulla potenziale nocività a medio-lungo termine di questi prodotti ne induce a volte abuso. Inoltre, va considerato come fra i giovani certi consumi abbiano un valore simbolico di appartenenza al gruppo dei coetanei e rispondano ad imperativi di imitazione e di adeguamento. Al fattore emotivo personale (la preoccupazione per il corpo) si aggiunge così un fattore sociale, facendone un fenomeno di costume (una vera e propria moda) Il problema della sicurezza legata al consumo di integratori alimentari e prodotti dietetici, si pone seriamente se si considera che questo consumo avviene spesso fuori da ogni considerazione di opportunità medica per i soggetti che ne fanno uso. Inoltre, molti di questi prodotti hanno carattere artigianale e sfuggono al controllo di qualità ed a qualsiasi monitoraggio sugli effetti per la salute. Dunque, si è ritenuta opportuna una vasta attività di informazione e prevenzione, che consenta ai giovani consumatori di: Conoscere le reali caratteristiche delle diverse categorie di prodotti ed il loro principi attivi, la loro potenziale efficacia ed i potenziali effetti dannosi per la salute “Prevenzione dei comportamenti a rischio i n adolescenza. Quale prevenzione oggi per quali adulti domani. “ 12 Conoscere le condizioni in cui è consigliabile l’assunzione di integratori e prodotti dietetici in funzione della dieta alimentare e delle attività praticate Imparare a riconoscere i prodotti che offrono garanzie di sicurezza da quelli artigianali che non offrono garanzie Imparare a preferire un comportamento alimentare corretto, rispetto alla assunzione di “correttivi” artificiali come gli integratori e prodotti dietetici Apprendere nozioni di consumo consapevole ed attento alla sicurezza dei prodotti in generale DOTT.SSA FRANCESCA ROMANA PASQUINI
Laureata in Didattica della Geografia, con u n Master successivo in Intercultura. Vice Presidente ONG Labor Mundi, Organizzazione Non Governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri per progetti di Cooperazione ed Educazione allo Sviluppo. Ho fatto parte dell’osservatorio sul Razzismo presso il Ministero degli Affari Esteri in occasione della Conferenza Mondiale sul Razzismo tenutasi a Durban in Sudafrica nel settembre 2001. La mia attività si esplica, quindi, attraverso l’attuazione progetti di Sviluppo con finanziamenti di diversa provenienza (formazione sanitaria, alfabetizzazione di base, didattica per non udenti, riabilitazione locali per avvio attività lavorative con accesso al Microcredito, ecc.) in continenti quali Africa, Asia, America Latina; qui in Italia e in Europa svolgo di Educazione allo Sviluppo. Sono quindi sempre in contatto con giovani ed adulti in percorsi di formazione sui temi quali gli squilibri Nord/Sud del mondo, i Diritti Umani, gli Obiettivi del Millennio, la diffusione di malattie legate al sottosviluppo (malaria, TBC ed altre) o Seguo le tematiche inerenti i progetti delle Nazioni Unite, della FAO e di tutte altre agenzie di cooperazione ed emergenza nei paesi del c.d. Terzo Mondo. Su invito del Comune di Roma, assieme al presidente della ONG Labor Mundi, Luigi Lorenzato, abbiamo curato la formazione degli studenti delle scuole superiori di Roma per avviarli all’approfondimento della conoscenza di Paesi quali il Rwanda e il Malawi , con i quali, poi, abbiamo fatto un viaggio per conoscere i luoghi dei progetti finanziati dagli stessi ragazzi, con le famiglie ed altri benefattori. Attualmente stiamo seguendo con la nostra ONG progetti di sviluppo ma manche di emergenza per i disastri in Indonesia, Filippine ed Estremo Oriente.

“Il patto educativo tra adolescente – famiglia- scuola”
Il patto educativo viene introdotto recentemente all’interno del regolamento recante lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti della scuola secondaria con il D.P.R. n. 249 del 24/06/1998 e D.P.R. n. 235 del 21/11/2007. Ogni Istituto formula il Patto Educativo di corresponsabilità che costituisce parte integrante della propria offerta formativa. La norma si limita ad introdurre questo strumento pattizio e a definire alcune caratteristiche generali, lasciando alla libertà delle singole istituzioni scolastiche autonome il compito di definire contenuti e modelli applicativi che devono scaturire dalle esigenze reali e dall’esperienza concreta delle scuole, non potendo essere astrattamente enucleati a livello centrale. Se si riduce ad essere un intervento dall’alto non sarà in grado di risolvere il problema formativo: per questo se ne devono far carico direttamente gli stessi adolescenti, i docenti, i dirigenti, i genitori e le autorità locali. Esso vuole essere dunque uno strumento innovativo attraverso il quale indicare i rapporti reciproci, i diritti e i doveri che intercorrono tra l’istituzione scolastica e la famiglia: il dirigente scolastico, il personale della scuola, i docenti, gli studenti ed i genitori. E’ uno strumento insostituibile di interazione scuola-famiglia, che impegna adolescente, famiglie e scuola nella elaborazione e condivisione dei i nuclei fondanti dell’attività formativa ed educativa. Esso coinvolge direttamente insegnanti, alunni e genitori invitandoli a concordare, responsabilmente, modelli di comportamento coerenti con uno stile di vita in cui si assumono e si mantengono impegni, rispettando l’ambiente sociale in cui si è ospitati. La sua valenza formativo-educativa sta soprattutto nella possibilità di imparare a valutare il significato delle proprie azioni in relazione alle norme che connotano il vivere civile, e ai vantaggi evolutivi che la condotta pro-sociale comporta: fiducia in se stessi; riconoscimento da parte della comunità del proprio valore; possibilità di fare affidamento sugli altri in un clima di stima reciproca.
PROF. ANTONIO BELLU
Preside dell’Istituto Tecnico Vittorio Lattanzio di Roma

“Adolescente e società”
L’adolescenza è un periodo della vita di un individuo che si interpone tra l’infanzia e la vita adulta ed è caratterizzata da continui e profondi sviluppi: cambia il corpo, cambia il modo di ragionare, cambiano le relazioni affettive e quelle parentali. E’, forse, la stagione della vita di un individuo più dinamica e complessa, durante la quale si sperimentano nuove possibilità del corpo che diviene più maturo, pronto anche a scoprire la propria sessualità. Il pensiero si fa più complesso, più articolato, anche se, a volte, le idee non sono sempre chiare, e i ragionamenti possono apparire confusi. In questa stagione vitale diviene sempre più forte l’esigenza di scoprire il mondo, e il gruppo dei pari diventa quasi un mezzo privilegiato per esplorare l’ambiente, nel quale trovare nuovi punti di riferimento, simboli e immagini per sentirsi parte di un insieme. Il gruppo è molto spesso protettivo, ricettivo e dà forza per affrontare questa nuova fase della vita. Di contro, la famiglia per l’adolescente non è più l’approdo esclusivo, certo e sicuro di un tempo e spesso diviene il luogo dal quale allontanarsi per poter trovare nuove dimensioni e nuove relazioni. Per questi motivi la fase dell’adolescenza è stata identificata come un secondo processo di “individuazione –separazione”: allo stesso modo in cui il bimbo si distacca dalla madre per interiorizzare la prima esperienza familiare, l’adolescente si distacca dagli oggetti intra-familiari per una più matura conquista della sua identità, per il bisogno di fondersi con altri individui o altre esperienze (un amore, il gruppo, attività politiche, sociali, ecc.). Al di là del periodo storico in cui viviamo, l’adolescenza è un’età difficile perché mette in discussione noi adulti, le nostre scelte, le nostre sicurezze, le nostre relazioni con i figli. Ma essa è una fase dello sviluppo di ciascun essere umano che, inevitabilmente, porta con sé cambiamenti significativi sia in chi la vive sia in chi, come genitore, come amico, come educatore, ne è testimone. Inoltre, essa è cambiamento, è preparazione alla vita, è sperimentazione di corpo e anima, è perdita e raggiungimento di nuovi traguardi, è entusiasmo e scoperta, è squilibrio e adattamento: insomma, l’adolescenza è energia e rinnovamento, è la scommessa per il nostro futuro. Certamente, in questa fase di sviluppo esiste quasi sempre una forma di disagio, ma non per questo essa va affrontata in modo patologico. L’adolescenza dal mio punto di vista può essere affrontata in modo equilibrato solo se facciamo lo sforzo di considerare i comportamenti degli adolescenti in modo dinamico e integrato con i fattori sociali e ambientali. Il titolo “Adolescenze e società” é volutamente al plurale perché tende a sottolineare una mia convinzione di fondo secondo la quale si può parlare di adolescenza solo come esperienza al plurale. Racchiudere in categorie generali una molteplicità di soggetti con particolari storie di vita, genera uno stereotipo unico di uno stadio dell’esistenza alquanto delicato, che ha, invece, svariate immagini e forme sociali nella cultura occidentale. Appare ormai chiaro che ciascun’ epoca, ciascuna cultura, ciascun ambiente ha le sue “adolescenze”. Basta riferirsi, per fare qualche esempio, alle differenze sessuali, a quelle culturali che caratterizzano i giovani immigrati, a quelle relative ai ragazzi che vivono nei sobborghi di periferia, i quali affrontano il periodo adolescenziale in modo completamente diverso dai loro coetanei di famiglia borghese, per rendersi conto di come sia preferibile parlare piuttosto di “adolescenze”, rispettivamente sessuali, culturali, di classe e di come, quindi, sia rischioso generalizzare. Certo possiamo rintracciare alcune caratteristiche di questa fase comuni ai più, come la ricerca di un’identità, l’opposizione al mondo adulto e nel contempo il “Prevenzione dei comportamenti a rischio i n adolescenza. Quale prevenzione oggi per quali adulti domani. “ desiderio di staccarsi da questo, l’attrazione esercitata dalle mode e dai miti: il ragazzo si percepisce infatti nella propria diversità e si indirizza verso i coetanei o a dei modelli da imitare, i quali diventano, così, il suo punto di riferimento fondamentale. Occorre, inoltre, precisare che nel nostro tempo non è più possibile dare un’indicazione anagrafica precisa dell’adolescenza. Questo periodo si sta dilatando e non a caso si parla di “adolescenza prolungata”. I giovani lasciano la propria famiglia e diventano economicamente autonomi molto tardi; anche quando lo diventano in tempi brevi hanno delle grosse difficoltà a lasciare la propria famiglia di origine, che a volte ostacola la fuoriuscita dei figli dal proprio nucleo. Il passaggio dalla famiglia patriarcale a quella mononucleare, da un società preindustriale ad una società post industriale ha cambiato in maniera radicale l’approccio educativo nei confronti dei nostri figli. Le società primitive rilevavano il passaggio dall’infanzia all’età adulta, attraverso cerimonie d’iniziazione, grazie alle quali, come ha scritto l’antropologa Marghereth Mead in “Coming of age in Samoa”, ognuno veniva introdotto nel mondo degli adulti senza subire grossi traumi. Al contrario, nelle società industrialmente avanzate, l’individuo ha un tempo di transizione tra l’età dell’infanzia e quella adulta che è lunghissimo, che si trascina, che sembra non voler trovare una fine. Il limite è sottile e sta proprio in quel delicato passaggio tra la dipendenza familiare e l’autonomia, tra il desiderio di quest’ultima e la difficoltà a raggiungerla in una società quanto mai complessa che offre pochi spazi di indipendenza e di sperimentazione delle capacità individuali dei giovani. Il tentativo di questo mio ragionamento è, pertanto, quello di affrontare un problema cogliendone le sfaccettature e la poliedricità, privilegiando l’uso del termine “adolescenze” anziché il rispettivo singolare, onde evitare il rischio di generalizzazioni. L’altro aspetto, presente nel titolo “società”, mi è sembrato opportuno per indicare il contesto entro il quale collocare un discorso sull’adolescenza: il punto di riferimento è la società attuale, in particolare quella vissuta nelle aree metropolitane. E’, quindi, all’interno di questi due poli “dialoganti” tra loro che dobbiamo tentare, con il lavoro di oggi, una riflessione, individuando quale possa essere il ruolo della scuola e della famiglia nell’ambito della prevenzione delle forme di disagio e dei possibili rischi a cui espone quest’età; un’analisi che tenda anche ad individuare le possibili strade da perseguire come amministratori pubblici, come insegnanti, genitori o come operatori dei settori del privato sociale. Un’ampia fascia di adolescenti italiani, infatti, appare quanto mai portatrice di carichi di disagio che spesso esplodono in fenomeni eclatanti di aggressività o autodistruzione: si pensi, ad esempio, al dilagare di fenomeni quali il bullismo adolescenziale, prevalentemente maschile, o ai casi di conclamati disturbi del comportamento alimentare, che risultano maggiormente diffusi tra le ragazze. Un rapido sguardo ad un recente rapporto delle Nazioni Unite sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, ci dà la possibilità di mettere a fuoco alcuni elementi di quello che comunemente viene indicato con il termine “disagio sociale”. Il rapporto ci dice, infatti, che sono 540 i ragazzi tra i 14 e i 18 anni reclusi nelle 18 strutture sul territorio nazionale, mentre sono 18 mila quelli che scontano la pena in comunità, affidati ai servizi sociali o a domicilio (rilevazione 2009) . Se prendiamo in considerazione il settore dell’istruzione emergono dati sull’abbandono scolastico che ci fanno riflettere. Il 24 aprile di quest’anno, il giornale “Avvenire” titolava “quei 150 mila ex studenti” dedicando un’inchiesta al fenomeno della dispersione scolastica. L’inchiesta prendeva le mosse da un’indagine sull’obbligo formativo, cioè il dirittodovere al raggiungimento di una qualifica entro il 18esimo anno di età che riguarda in Italia una popolazione di quasi 2 milioni e mezzo di giovani tra 14 e 17 anni. Di questi ragazzi, 150 mila sono quelli definiti “dispersi”, esclusi cioè dalla formazione o inseriti in percorsi poco efficaci.
“Prevenzione dei comportamenti a rischio i n adolescenza. Quale prevenzione oggi per quali adulti domani. “ 16 Le cifre di diffusione di tale fenomeno a livello territoriale sono quelle più preoccupanti: l’abbandono scolastico colpisce soprattutto il Sud. Se, infatti, nel NordEst esso riguarda l’1,7% dei 14-17enni e nel Nord-Ovest tocca il 3,3%, scendendo lungo lo stivale le percentuali salgono: 4,1% al Centro, addirittura l’8% al Sud. Gli istituti ove il tasso è maggiore sono quelli professionali: il 45,6% degli iscritti a tali indirizzi non conclude gli studi. Se analizziamo i dati relativi alle tossicodipendenze, il rapporto ci informa che nel 2005 erano già in cura presso i servizi territoriali 1639 adolescenti tra i 15 e i 19 anni, ai quali nello stesso anno si vanno ad aggiungere altri 2647 nuovi casi, mostrando come le tossicodipendenze tra i giovani siano in costante aumento, parallelamente all’uso di alcolici tra i giovani. In un’inchiesta fatta nel 2007 risulta che i consumatori abituali di alcol tra i 16 e i 17 anni sono l’11,4% dei ragazzi. Nel campo della salute mentale, si evidenzia un aumento della fragilità tra i giovani che si caratterizza con crisi di ansia e di panico, come riportato sul notiziario dell’ordine dei medici della provincia di Cuneo, secondo cui, nel 2008, stando alle stime dell’OMS, in tutto il mondo sono quasi il 20% i bambini e gli adolescenti che soffrono, temporaneamente o cronicamente, di un problema mentale tale da creare un certo grado di disabilità. A questo dato più generale se ne aggiungono altri due che possono essere considerati come le punte emergenti dell’iceberg della salute mentale: il suicidio sembra costituire la terza causa di morte tra gli adolescenti (anche in Italia l’incidenza è di 6-8 casi per 100.000 ragazzi nel gruppo di età tra i 15 e 24 anni con prevalenza per il sesso maschile) e la violenza pare stia rapidamente salendo nella graduatoria delle cause di decesso e di disabilità. Dal breve excursus tracciato emerge la problematicità presente in questa fase della vita dei ragazzi che necessita senz’altro di attenzione e sostegno da parte delle diverse istituzioni preposte alla cura e all’educazione dei giovani. Molto spesso la causa non è mai una soltanto ma esistono molti fattori che concorrono a far scatenare queste condotte. Ecco perché diviene necessaria una prevenzione primaria, sistemica, ecologica e capace di coinvolgere la famiglia, l’intera comunità educante e il contesto sociale extrascolastico. Molto spesso infatti le problematiche dell’adolescenza vengono ignorate o sottovalutate e ciò provoca un aumento dei comportamenti a rischio che mettono in pericolo la propria ed altrui salute. Come tecnici del settore non possiamo non interrogarci sulle strade da percorrere e sulle strutture che potrebbero e dovrebbero affiancare i giovani in questo particolare periodo della vita, strutture che dovrebbero agire non come satelliti isolati e che dovrebbero favorire l’incontro tra le diverse esperienze adolescenziali. “Corresponsabilità” è la parola chiave, il denominatore comune che mette insieme le energie, le competenze e le risorse di tutti attraverso sistemi condivisi e integrati, laddove la parola “integrazione” non significa accumulodi azioni ma scambio, condivisione e co-costruzione di soluzioni efficaci. Sono convinto, quindi, che soltanto all’interno di sinergie di rete si possano realizzare strategie di affiancamento e di supporto, in grado di prevenire forme varie di disagio e disadattamento nonchè sostenere i ragazzi in questa loro particolare fase di crescita. In sede di definizione concreta delle misure di prevenzione va tenuto conto, per quanto possibile, del soggetto, dei suoi bisogni, delle sue risorse e del contesto in cui è inserito (a livello culturale, sociale e scolastico), ecco perché occorre evitare l’applicazione di progetti calati dall’alto, non partecipati e pre-confezionati. Qualsiasi strategia d’intervento dovrebbe infatti partire dal contesto nel quale essa andrà realizzata, dalla realtà nella quale vivono i giovani diretti destinatari dell’intervento, oltre ad essere adeguata, proporzionata e rispondente all’età degli adolescenti. L’adolescenza fa saltare le nostre certezze e ci costringe, di volta in volta, come genitori, come educatori, come cittadini a rimetterci in gioco e saper aprire nuovi
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dialoghi con i nostri giovani, cercando di avere sensibilità all’ascolto, coerenza e responsabilità nel portare avanti le nostre azioni. Gli adolescenti hanno bisogno di punti di riferimento fissi e stabili, soprattutto quando sono particolarmente fragili, arrabbiati o disorientati. Non sempre siamo in grado di fornire risposte coerenti e capaci di soddisfare i loro bisogni e rimaniamo sopraffatti dai loro comportamenti, dimenticandoci troppo velocemente dei nostri fervori giovanili, di quando contestavamo qualsiasi cosa per poter trovare uno spazio per esistere, per affermare le nostre idee. Occorre credere di più negli adolescenti e nelle loro possibilità, ma con fatti concreti, offrendo loro degli spazi di azione e di protagonismo, valorizzando le loro energie in termini positivi. La società tutta deve rimettersi in discussione attraverso nuove scelte e nuovi valori che permettano a ciascun adolescente di vivere questa fase della vita come una scoperta positiva del proprio sé, delle proprie capacità e soprattutto deve essere in grado di restituire ai giovani l’entusiasmo per approdare nel mondo degli adulti con un progetto di vita e tanti sogni per costruire il proprio futuro.
PROF. PINO ROSSI
Vice Preside Liceo Psicopedagogico Margherita di Savoia. Insegna Storia